Victor Hugo scriveva:
“On a tant abusé du regard dans les romans d’amour qu’on a fini par le déconsidérer. C’est à peine si l’on ose dire maintenant que deux êtres se sont aimés parce qu’ils se sont regardés. C’est pourtant comme cela qu’on s’aime et uniquement comme cela. Le reste n’est que le reste, et vient après.”
Lui, immobile, è già ubriaco di lei; un poco teso, come la corda che lo lega a quella mano inconsapevole. Lei, immobile, è già ubriaca di lui; un poco tesa siede mentre cerca di comprendere quell’emozione.
Presto quel semaforo inviterà la mano ad incamminarsi ed il mondo attorno tornerà quindi a respirare, tutto sarà un ricordo. Ma non nella fotografia: li quel semaforo non si azzarda, quell’emozione persiste, custodita e protetta, per sempre a mia disposizione.
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L’ho visto. Devo fare in fretta, le persone camminano veloci e sono quasi li; ci resteranno per un solo istante e poi nasconderanno cio’ che non deve essere nascosto. Alzo la macchina, veloce l’occhio al mirino mentre penso che tempo e diaframma dovrebbero andar bene, non ho tempo di controllare scatto…
Sono agitato: “Avro’ fatto in tempo? Sarà venuta mossa? E la composizione? E’ stato tutto cosi veloce…” Non resisto devo guardarla: la osservo nei suoi punti importanti; mi sembra riuscita! Sono sensazioni che mi fanno amare quel che faccio: afferrare una significativa frazione del presente, attimo unico che non riaccadrà mai, né qui né in nessun altro luogo o tempo.